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Ingiustizie: la storia di Giuseppe

Giuseppe, figlio di Giacobbe, patriarca del popolo ebreo, viene venduto come schiavo dai fratelli e finisce in Egitto, dove affronta una lunga serie di circostanze negative prima di diventare viceré e salvare così dalla carestia tutta la sua famiglia, fratelli traditori compresi.

Una delle storie più belle e famose della Bibbia, che si può leggere nei capitoli 37 a 50 del libro della Genesi (puoi usare la Bibbia online). Commentare per intero la storia di Giuseppe vorrebbe dire scriverne per settimane: di seguito eccone solo alcuni aspetti, tra i più rilevanti, nella speranza di offrire interessanti spunti di riflessione.

Giuseppe e i suoi fratelli: gli errori dei padri

Abbiamo presentato quella di Giuseppe come la storia di un’ingiustizia. Ammettiamolo: a darle il via fu Giacobbe. Egli riservava al figlio, avuto con la moglie prediletta, ormai morta, un trattamento di favore, suscitando la gelosia dei fratelli. Talvolta questo aspetto della vicenda viene omesso, o sottovalutato. Tutti i figli, così come gli alunni o i membri di una chiesa dovrebbero essere trattati da genitori, educatori, pastori, allo stesso modo: avere delle preferenze è umano, palesarle è un pericoloso errore.

Se andiamo indietro nel tempo, a quando Giuseppe non era ancora nato, se “frughiamo nell’armadio” dei suoi parenti più prossimi troviamo diversi scheletri. Da giovane, Giacobbe si era innamorato di Rachele, figlia di suo zio Labano, ma il suocero, con l’inganno, gli aveva fatto sposare prima l’altra sua figlia, Lea. Giacobbe si ritrovava due mogli ma ne amava follemente solo una, cosa che chissà quanto umiliava Lea. Nello stesso tempo, forse, Rachele conviveva con la brutta sensazione di aver dovuto dividere “il suo uomo” con un’altra donna. La rivalità tra le sorelle le aveva portate anche a dare il via a una sorta di gara a chi dava più figli al marito, facendogli avere rapporti intimi anche con le loro serve. Alcuni figli di Giacobbe erano figli di Lea, altri della serva di Lea, altri ancora della serva di Rachele e gli ultimi due di Rachele che, dapprima sterile, aveva poi partorito. Questa situazione un po’ ingarbugliata probabilmente aveva contribuito a creare rivalità tra i figli di Giacobbe.

Spesso i figli pagano gli errori dei padri. Tante situazioni spiacevoli sono diretta conseguenza della condotta peccaminosa degli uomini. Quando Dio aveva creato Adamo ed Eva aveva parlato di “diventare una sola carne” (cfr. Genesi 2:24). Gli uomini avevano scelto di seguire altri costumi. Pratiche come la poligamia, considerate normali, erano causa di problemi. Ancora oggi il concetto di famiglia tradizionale viene messo in discussione, mentre dilaga la libertà sessuale, e chi in prima persona paga le conseguenze di questo stile di vita sono i nostri figli, che spesso vengono su pieni di insicurezze e rancore.

A questa triste, desolante constatazione si affianca però una potente verità: Dio è sovrano, conosce ogni cosa, permette delle circostanze negative e all’occorrenza interviene, ripara, le sa trasformare in bene. Il tema principale che tiriamo fuori dalla storia di Giuseppe, e ciò che l’ha resa tra le più famose della Bibbia è proprio il fatto che Dio tracci un disegno per la vita dei Suoi figli. Egli sa sistemare i pasticci, sa trarne del bene. Dio lascia ogni uomo libero di vivere con o senza di Lui, ma la prima opzione è garanzia di una vita migliore!

Il cuore di Giacobbe e quello dei suoi figli

Abbiamo messo in evidenza le debolezze di Giacobbe (chi non ne ha?) e il trattamento particolare che riservava a Giuseppe. Adesso ribaltiamo la frittata e guardiamo la storia da un altro punto di vista. Non dimentichiamo che, nonostante i suoi limiti umani, Giacobbe aveva un rapporto speciale con Dio. Probabilmente intuiva che in Giuseppe c’era qualcosa di particolare. La Bibbia ci racconta che quando Giuseppe raccontò i sogni che aveva fatto, in cui tutti i suoi familiari si inchinavano davanti a lui, sogni che contribuivano a far crescere l’astio dei fratelli nei suoi confronti, Giacobbe lo rimproverò ma nello stesso tempo “serbava dentro di sé queste parole” (Genesi 37:11). Ci sembra, quello di Giacobbe, il tenero cuore di un genitore che vede nel silenzio Dio all’opera e osserva, e medita. È vero, Giacobbe nella vita aveva commesso tanti errori, ma amava Dio e ne sapeva riconoscere i Suoi movimenti e forse proprio questo intuito lo spingeva ad avere un debole per quel figlio.

Abbiamo dato la colpa della vendita di Giuseppe a tutta una serie di persone? Di nuovo, cambiamo punto di vista e riconosciamo, in maniera pragmatica, che non c’è nulla al mondo che giustifichi un odio tanto sconsiderato quale quello dei figli di Giacobbe per Giuseppe, e i gesti orribili di cui si macchiarono!

Qualcuno dice che Giuseppe fu incauto a raccontare i suoi sogni. Probabilmente fu soltanto ingenuo. In ogni caso non meritava quel trattamento. Quando diamo spazio ai rancori, all’invidia, non ci rendiamo conto di come pericolosamente essi mettano radice, e possono diventare pericolosissimi. I fratelli di Giuseppe non ebbero per lui nessuna pietà: lo gettarono in una cisterna e poi si misero là vicino a mangiare, insensibili a quelle che di certo erano le urla di supplica del fratello. Poi lo vendettero. Restarono impassibili anche davanti al dolore straziante del padre, con in mano l’abito di Giuseppe, imbrattato del sangue di un animale: avrebbero potuto, in quel momento, dire la verità, scappare in Egitto a cercare il fratello ma la loro coscienza era ormai addormentata.

Giuseppe della Bibbia: mani benedette

C’è una meravigliosa costante nelle avventure di Giuseppe. Egli prospera in tutto quello che si trova a fare. È schiavo nella casa di Potifar e la Bibbia racconta che “il SIGNORE benedisse la casa dell’Egiziano per amore di Giuseppe; la benedizione del SIGNORE si posò su tutto ciò che egli possedeva, in casa e in campagna” (Genesi 39:5).

Giuseppe si imbatte a un certo punto nella malvagità della moglie del padrone che prima prova a sedurlo e poi, rifiutata, si vendica accusandolo di violenza. Punto e a capo. Ceppi ai piedi, cella buia, trattato da malfattore quando è invece è un uomo giusto. Di nuovo, però, “il SIGNORE fu con Giuseppe, gli mostrò il suo favore e gli fece trovare grazia agli occhi del governatore della prigione. Così il governatore della prigione affidò alla sorveglianza di Giuseppe tutti i detenuti che erano nel carcere; e nulla si faceva senza di lui […] il Signore faceva prosperare tutto quello che egli intraprendeva” (Genesi 39: 21-23).

Ancora, quando Giuseppe dà l’interpretazione dei sogni del faraone, fornendogli dei consigli su come affrontare le future carestie, dimostra idee così chiare che questi lo nomina viceré. “«Potremmo forse trovare un uomo pari a questo, in cui sia lo Spirito di Dio” (Genesi 41:38). Apparentemente solo, lontano dal suo popolo e dalla sua famiglia, Giuseppe è costantemente accompagnato dal suo Dio, compagnia che si manifesta nello spirito particolare di cui egli è dotato, e nel buon funzionamento di tutto ciò a cui mette mano.

È bello constatare che dove ci sono degli uomini timorati di Dio c’è prosperità. Negli ambienti di lavoro, nelle famiglie in cui ci sono dei cristiani si respira, silenziosa, la presenza di Dio. Ciò avviene però dove ci sono persone che hanno realmente dato la vita a Gesù, non dei religiosi formali, forse iscritti in un registro di chiesa. A tal proposito basta considerare che proprio i membri della prestigiosa e onorata famiglia del grande Giacobbe, da cui ci si sarebbe aspettato timore di Dio, vendettero il loro fratello!

Giuseppe e il piano di Dio

Dopo diversi anni di sofferenza che gli resero difficile la migliore età Giuseppe incontrò di nuovo il padre tanto amato, si riappacificò con i fratelli e riuscì a godere anche di un notevole benessere economico. Dai sogni di un adolescente alle urla nel pozzo alla prigione, tutti i tasselli della vita di Giuseppe ricomposero un disegno divino e il ragazzo, ormai uomo, salvò la famiglia dalla carestia.

L’idea che abbiamo di Giuseppe è quella di un uomo che sopporta le difficoltà con pazienza. Ciò non esclude il fatto che qualche volta possa essersi lamentato, o addirittura abbia chiesto a Dio il perché di tante situazioni. Anche se la Bibbia non ne fa menzione, la vita di Giuseppe è sicuramente disseminata di imperfezioni. Quando egli incontrò i suoi fratelli e iniziò quell’estenuante tira e molla “non vi credo- siete spie – portatemi il fratello più piccolo – siete ladri” probabilmente stava lottando con i suoi sentimenti, e di certo aveva nel cuore un gran tumulto.

Uno solo non peccò mai, e fu Gesù. Ad ogni modo, per via di varie similitudini nelle rispettive storie, Giuseppe può essere definito figura di Gesù che, “prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome” (Filippesi 2: 7-9). Così come le disavventure di Giuseppe facevano parte di un progetto divino per la salvezza della sua famiglia, così Gesù andò in croce per salvare il mondo. Non si trattò di un caso di “malagiustizia”: fino alla fine Egli poteva scendere dalla croce, ma scelse di non farlo.

Gesù è morto anche per te che stai leggendo questo articolo. Se decidi di arrenderti a Lui, e affidarGli la tua vita, Egli se ne prenderà cura, saprà darti pace nelle tempeste così come fece con Giuseppe, sistemerà ogni situazione a tuo favore perché “tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno” (Romani 8:28).

Sì, c’è un disegno, c’è un meraviglioso piano che Dio ha preparato per la tua vita, non sei curioso di viverlo e scoprirlo?

Dio ti benedica!

 

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